Danni comparati di sorgenti comuni di campi RF

Noi viviamo in un ambiente sempre più ricco di sorgenti di campi elettromagnetici (EMF) che impattano sulle nostre vite a livello biologico e sanitario. Dato che queste sorgenti sono molto diverse fra loro, anche i relativi effetti possono essere molto diversi. Oggi sappiamo che l’intensità di un campo elettromagnetico non è, necessariamente, il parametro principale nel determinarli: altri parametri, quali ad es. (1) frequenza, (2) forma d’onda, (3) tipo di modulazione, (4) variabilità del segnale giocano un ruolo importante.

Dunque, per farsi un’idea degli effetti relativi prodotti da vari tipi di sorgenti non basta paragonarne l’intensità, ma occorre rilevarne in maniera comparata gli effetti a livello sperimentale, di laboratorio. Nonostante esistano migliaia di studi scientifici sugli effetti di singoli sorgenti EMF (reali o simulate), esistono ancora relativamente pochi studi che mostrano in maniera comparata gli effetti di sorgenti reali di interesse per l’uomo comune e per le Agenzie sanitarie. I motivi di ciò sono essenzialmente due.

Il primo motivo è che, incredibilmente, gli studi fatti su sorgenti reali attualmente non vengono accettati dallo IARC e da alcune agenzie sanitarie (Panagopoulos et al., 2015), generando una situazione kafkiana che del rigore scientifico e del buon senso ha ben poco: mentre infatti “gli studi sperimentali sugli effetti della telefonia mobile che impiegano emissioni EMF simulate presentano una forte incoerenza tra i loro risultati – con meno del 50% di essi che riportano effetti – gli studi di laboratorio che impiegano esposizioni reali dimostrano, al contrario, una coerenza quasi del 100% nel mostrare effetti avversi”.

Gli studi sugli effetti biologici dell’esposizione a sorgenti reali di campi elettromagnetici, nonostante siano coerenti fra loro quasi al 100% e in accordo con gli studi epidemiologici e di laboratorio che hanno trovato una chiara associazione fra uso del telefonino e tumori al cervello, non vengono accettati dalla IARC e dalle Agenzie sanitarie. Ciò è un’evidente assurdità sia dal punto di vista logico sia sul piano scientifico, come spiegato dagli autori. In basso, una tipica sorgente RF simulata ha frequenza e ampiezza (in pratica, intensità, che è proporzionale al quadrato dell’ampiezza) costanti.

Il secondo motivo è che, nel campo della telefonia mobile, le generazioni si susseguono una dopo l’altra: 2G, 3G, 4G e ora 5G. Di conseguenza, studi decennali come quelli svolti sui ratti che hanno permesso di recente al National Toxicology Program americano e all’Istituto Ramazzini di Bologna (le due massime istituzioni nel determinare sperimentalmente la cancerogenicità di agenti chimici e fisici) di concludere come la telefonia mobile 3G sia dannosa sia “in campo vicino” (con i cellulari) sia “in campo lontano” (con le antenne delle stazioni radio base) giungono troppo tardi, peraltro con grandi costi di ricerca.

Dunque, per conoscere gli effetti comparati di vari tipi di sorgenti EMF comuni usate dalle persone (ad es. telefonini, router Wi-Fi, baby monitor, etc.), e per ripeterli rapidamente con telefoni cellulari di ultima generazione per un opportuno confronto, occorre usare degli approcci sperimentali molto più “rapidi” (una ricerca in questo settore così cruciale non può durare 5-10 anni) e possibilmente tali ricerche devono essere poco costose. D’altra parte, gli effetti biologici delle onde elettromagnetiche possono, in generale, essere studiati a vari livelli: (1) biomolecole, (2) cellule, (3) organi e (4) interi organismi.

Gli studi sui ratti (che analizzano gli effetti su organi e interi organismi) non si prestano allo scopo, per quanto i ratti siano molto simili all’uomo, i cui antichi antenati erano piccoli roditori. Pertanto, o si effettuano gli studi su biomolecole e/o cellule – come ad es. ha fatto per anni il dott. Fiorenzo Marinelli nel suo laboratario presso l’Istituto di Genetica Molecolare del CNR prima che gli tagliassero i fondi – oppure occorre usare organismi con un ciclo di vita molo più rapido, come ad es. gli insetti. Fra questi ultimi spicca, in particolare, la Drosophila melanogaster, il famoso “moscerino della frutta”.

Un’incubatrice per la Drosophila (a sinistra) e la fase di riproduzione (a destra).

L’importanza di simili esperimenti è quindi notevole. Come è noto, i processi cellulari di base sono identici nelle cellule di insetto e di mammifero. Inoltre, gli insetti (specie la Drosophila) sono molto più resistenti rispetto ai mammiferi, almeno alle radiazioni ionizzanti, su cui sono stati effettuati studi comparativi. E la capacità riproduttiva degli insetti si è dimostrata essere un indice molto sensibile per l’efficacia biologica di tutti i tipi di campi elettromagnetici utilizzabili negli esperimenti. Pertanto, tali organismi sono ideali per studi comparati sugli effetti biologici dei campi elettromagnetici in generale.

Gli effetti dei campi e.m. sui moscerini della frutta

I campi elettromagnetici sono fattori esterni e causano stress nelle cellule. È stato rilevato che i campi elettromagnetici influenzano la fecondità della Drosophila melanogaster, il famoso moscerino della frutta. L’esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza per solo poche ore è in generale sufficiente a causare una riduzione statisticamente significativa della produzione di uova di Drosophila melanogaster. La ragione di questa riduzione può essere la morte degli ovuli, cioè delle cellule riproduttive e la percentuale maggiore di determinati ormoni prodotti per lo stress causato dai campi elettromagnetici.

I ricercatori scelgono spesso l’insetto Drosophila melanogaster come animale sperimentale per esperimenti di biologia, in quanto il moscerino della frutta è in generale un animale sperimentale molto ben studiato, con background genetico ben noto e molti vantaggi, compreso il suo breve ciclo di vita e il buon tempismo dei suoi stadi metamorfici e dei suoi processi di sviluppo, in condizioni costanti. Come fase della vita dell’insetto sensibile ai campi elettromagnetici, viene di solito scelta quella riproduttiva, misurando la cosiddetta “capacità riproduttiva”, definita semplicemente dal numero di pupe che, in pratica, corrispondono alla deposizione di altrettante uova da parte di questi insetti.

Gli effetti dei campi elettromagnetici sulla fecondità della Drosophila sono stati esaminati in molti studi. Ad esempio, Panagopoulos et al. (2004) hanno scoperto che l’applicazione di un campo elettromagnetico a radiofrequenza prodotto da un comune cellulare GSM a 900 MHz (operante quindi con la rete 2G), quando è modulato dalla voce umana (cioè nel corso di una normale telefonata) e ha un’intensità di 0,62 mW/cm2, diminuisce la capacità riproduttiva della Drosophila melanogaster del 50-60%, mentre il campo corrispondente non modulato (cioè prodotto dal telefonino quando non si sta parlando), di intensità pari a 0,037 mW/cm2, diminuisce la capacità riproduttiva del 15-20%.

Allo stesso modo, gli stessi ricercatori (Panagopoulos et al., 2004) hanno trovato che un campo magnetico alternato a 50 Hz, di intensità molto elevata e pari a 70 G (ovvero 7 mT), in nove esperimenti ha causato una diminuzione media del 6,16% della capacità riproduttiva della Drosophila, ovvero della relativa ovodeposizione, misurata attraverso il conteggio dal numero di pupe progenie. Si noti l’elevato numero di esperimenti che si è reso necessario, in questo caso, per ottenere un risultato statisticamente significativo, data la più piccola variazione della capacità riproduttiva riscontrata.

Effetto dei quattro tipi di campi testati sulla capacità riproduttiva della Drosophila melanogaster. (fonte: Panagopoulos et al., 2003)

Si noti che la capacità riproduttiva dei moscerini  è risultata molto più ridotta con l’emissione “modulata” (50-60%), rispetto all’emissione “non modulata” (15-20%). Si noti, inoltre, che non è stato rilevato alcun aumento di temperatura, causato dal campo GSM, all’interno delle provette (nel cibo) usando un termometro con una precisione di 0,05 °C. Anche se ci fosse stato un aumento di temperatura, certamente inferiore a 0,1 °C, questo non avrebbe qualche effetto osservabile sulla deposizione delle uova.

Pertanto, l’effetto registrato non può essere attribuito a un aumento di temperatura causato dalla radiazione; dunque, esso è di origine non termica. I limiti di legge attuali per i campi elettromagnetici, però, sono stati stabiliti misurando i soli effetti termici, che si verificano a valori di campo molto più alti di quelli misurati negli esperimenti appena descritti. Questa semplice esperienza, invece, dimostra che gli effetti non termici si verificano sulla materia vivente a soglie assai più basse dei limiti di legge.

Chi fosse interessato a conoscere più in dettaglio il lavoro dei ricercatori greci appena accennato, oppure il protocollo sperimentale di questo tipo di esperimenti per provare ad effettuarne di analoghi, può senz’altro trovare numerose informazioni utili nell’articolo L’effetto dei campi elettromagnetici sui moscerini, oppure può fare riferimento direttamente alla descrizione originale inglese data dagli stessi autori nel lavoro riportato nel libro del 2003 citato in bibliografia (v. anche figura qui sotto).

Il lavoro originale di Panagopoulos et al. (2003) citato nel testo.

Uno studio più recente (Atli e Unlu, 2006) ha mostrato che anche i campi elettromagnetici simulati in laboratorio alla frequenza di 10 GHz – quindi più vicina a quelle caratteristiche del 5G, siamo infatti nella regione della cosiddetta “banda X” delle microonde (che va da 7 a 12,5 GHz) – causa una diminuzione della fecondità della Drosophila melanogaster, oltre che un ritardo nello sviluppo proporzionale all’intensità del campo elettromagnetico applicato. Il fatto che sia stato effettuato su un segnale simulato e non prodotto da reti di telefonia o dispositivi reali lo rende però meno sensibile agli effetti reali.

Nell’esperimento in questione (Atli e Unlu, 2006), l’intensità del campo elettrico era di 3,42 V/m (quindi simile all’emissione di un moderno smartphone durante una conversazione), la densità di potenza dell’antenna era di 0,0156 W/m2, mentre la SAR (Tasso di Assorbimento Specifico) era approssimativamente di 9,8 mW/kg. La diminuzione della capacità riproduttiva è risultata essere compresa fra l’8% (caso migliore) e il 19% (caso peggiore), con altri due casi intermedi e un valor medio collocabile verosimilmente intorno al 13% di calo della ovodeposizione dei moscerini femmina.

Si noti che questi risultati sono di estremo interesse non solo in relazione ai pericoli dei campi e.m. per l’uomo, ma anche di per sé, in quanto gli insetti sono una componente degli ecosistemi. Come componente dell’ecosistema, gli insetti hanno un ruolo importante, sia per la continuità dell’ecosistema, sia per la vita umana. Uno di questi ruoli è il controllo biologico dei parassiti. A seguito di tali ruoli nell’ecosistema, la perdita dell’intera popolazione di un insetto è una condizione pericolosa per la sostenibilità di un ecosistema, anche se quegli insetti hanno un ruolo negativo per la vita umana.

Uno studio comparato esemplare su sorgenti RF reali

Nel 2013, Lukas Margaritis e colleghi hanno prodotto un nuovo eccellente articolo di ricerca che mostra importanti effetti negativi di una serie di dispositivi a radiofrequenza di uso quotidiano sulla fertilità dei moscerini della frutta. Si tratta di uno dei migliori esempi di un buon documento scientifico sugli effetti dei campi elettromagnetici RF sui processi vitali. È ben impostato e – cosa più insolita per i documenti di indagine biologica – fornisce misurazioni dettagliate e di alta qualità delle intensità del segnale, delle frequenze e delle forme d’onda dei segnali RF a cui i moscerini sono stati esposti.

Gli effetti dei campi elettromagnetici reali misurati tramite l’esposizione di moscerini della frutta a molti dispositivi di uso comune (dai telefonini ai cordless, dal Wi-Fi ai baby monitor), come descritto nell’articolo illustrato in queste righe (da Margaritis et al., 2013).

Gli autori di questa ricerca hanno usato un telefonino GSM 900/1800 MHz (rete 2G), un telefono cordless DECT 1880-1900 MHz e anche la relativa base, una rete Wi-Fi a 2,44 GHz, un adattatore Bluetooth a bassa potenza a 2,44 GHz, un baby monitor a 27,15 MHz, un forno a microonde a 2,44 GHz, e una serie di altri dispositivi. Il telefono cellulare è stato utilizzato come sistema di esposizione di riferimento per la valutazione dei fattori considerati molto importanti nella dosimetria.

I risultati trovati dagli autori sono molto interessanti. Essi scrivono “Tutte le fonti di EMF hanno creato effetti statisticamente significativi sulla fecondità e l’induzione della morte cellulare-apoptosi anche a livelli di intensità molto bassi (0,3 V/m delle radiazioni Bluetooth), ben al di sotto delle linee guida dell’ICNIRP, suggerendo che il sistema di ovogenesi della Drosophila è adatto per essere usato come biomarker per esplorare la potenziale bioattività dei campi elettromagnetici”.

La “fecondità” è una misura del grado di fertilità (i moscerini della frutta depongono più uova); l’”ovogenesi” comporta la creazione e lo sviluppo delle varie fasi dell’ovulo immaturo (cellula uovo). L’istogramma qui sotto, che è un estratto della loro figura 22, mostra la percentuale di riduzione della fecondità rispetto ad alcuni dei dispositivi comuni che hanno testato utilizzando due varietà di moscerino della frutta: la Drosophila melanogaster e la più grande Drosophila virilis.

Effetto sulla fecondità dei moscerini a seguito dell’esposizione a una varietà di comuni sorgenti a radiofrequenza presenti nella nostra vita quotidiana. Si noti come telefoni cellulari e cordless DECT abbiano gli effetti nettamente più rilevanti.

I risultati sono stati simili per le due specie di moscerino, e tutti statisticamente significativi con un livello di confidenza del 95% o migliore. Ma ciò che è veramente allarmante sono i sostanziali effetti negativi che livelli così bassi di esposizione a radiofrequenza a impulsi – 0,3 V/m sono infatti 1/20 dei limiti di legge italiani per permanenze superiori a 4 ore (6 V/m), e che ora vogliono portare a 61 V/m! – hanno sui livelli di fertilità dei moscerini. Gran parte della riduzione della fecondità era dovuta alla morte cellulare, cioè l’esposizione alle RF causava (direttamente o indirettamente) la morte degli ovuli in via di sviluppo.

Gli autori scrivono “Sono state eseguite più di 240 repliche per adattarsi a ogni impostazione sperimentale con almeno sei diversi esperimenti. In quasi tutti gli esperimenti, l’esposizione dei moscerini appena nati a ciascuna fonte di campi elettromagnetici è stata breve (6, 12, 30, 60 min) ed è durata da 3 a 7 giorni a seconda del protocollo” (i dettagli del protocollo sono indicati nel documento). Si noti, quindi, che questa è un’esposizione a radiofrequenze (RF) di bassa intensità e per brevi periodi di tempo.

È interessante notare che, per l’esposizione ai telefonini, i risultati relativi alla morte cellulare mostrano che una durata più lunga di un’esposizione (ad esempio 6 minuti al giorno vs. 12 minuti al giorno) aumenta notevolmente l’effetto avverso, mentre la stessa dose ripetuta per 3-7 giorni non sembra peggiorare l’impatto. Ciò è molto preoccupante, in quanto le esposizioni umane alle radiazioni a microonde pulsanti dalle stazioni radio base della telefonia mobile, dai telefonini, dai telefoni cordless DECT e dai router e altre sorgenti Wi-Fi sono oggigiorno, di solito, abbastanza continue.

La dipendenza della fecondità dei moscerini dalla frequenza GSM (i 900 MHz si rivelano meno bioattivi dei 1800 MHz) e dalla distanza dal telefonino (1 cm, 10 cm, 20 cm). Si noti come la durata dell’esposizione (6 minuti vs. 12 minuti) non influenzi granché la riduzione di fecondità (mentre influenza la morte cellulare per apoptosi, vedi figura qui sotto).

Per trovare questi grandi e importanti effetti collaterali, Margaritis ed i suoi ben 17 collaboratori hanno esposto i moscerini per brevi periodi alcuni giorni dopo la schiusa e fino alla pubertà (l’inizio della deposizione delle uova). Se lo confrontiamo grossolanamente alla durata della vita umana, sarebbe simile a un periodo che va da pochi anni di età fino a circa 12 anni. Questo è, grosso modo, il periodo di età in cui ora stiamo esponendo i nostri figli alle radiazioni Wi-Fi, cordless e dei telefoni cellulari.

Ciò pone una pesante responsabilità in capo ai singoli individui, ai datori di lavoro che impongono un uso eccessivo del telefonino ed ai presidi delle scuole che impongono il Wi-Fi. Infatti, se viene fatto un danno a lungo termine, allora le persone che sono ora responsabili di ciò dovranno risponderne, come successo già in una sentenza del Tribunale di Ivrea che ha fatto il giro del mondo. Il settore assicurativo non fornisce una copertura assicurativa contro i danni alla salute causati dall’esposizione a radiofrequenza / microonde, e comunque il denaro non contribuirebbe a restituire la salute e la fertilità delle persone.

Differenti bio-effetti fra i segnali pulsati e quelli continui

I ricercatori guidati da Margaritis hanno scoperto effetti biologici come risultato di tutte le forme di esposizione alle radiofrequenze. La novità di questo lavoro scientifico – che ha impegnato 18 persone per ben 4 anni – risiede non soltanto nella varietà delle sorgenti utilizzate, ma anche nel tipo di sorgenti esaminate, perché questi dispositivi sono ampiamente utilizzati ma non erano stati esaminati in precedenza. E ciò ha permesso di scoprire cose molto interessanti.

La differenza nei bio-effetti tra segnali pulsati e quelli in onda continua (CW) può spiegare perché l’esposizione al Bluetooth con un valore medio di soli 0,3 V/m abbia all’incirca lo stesso effetto sulla morte cellulare (6,1%) dei 20 V/m del Generatore di segnale CW a 900 MHz (6,9%) o dei 13 V/m del Generatore FM a 92,8 MHz (6,5%), ma l’esposizione del cellulare con 22 V/m porta un valore di mortalità della cellula fino al 10-14% (v. la figura qui sotto tratta dall’articolo).

Correlazione fra l’aumento della morte cellulare (per apoptosi) e la diminuzione di fecondità dei moscerini. Si noti l’esistenza di una correlazione lineare evidenziata dalla linea retta (di best fit).

La logica dietro l’aumento osservato della morte per apoptosi dei follicoli ovarici suggerisce che il danno al DNA potrebbe non essere diretto come segnalato da diversi altri autori, perché è necessario un ritardo di tempo di diverse ore a seguito dell’esposizione perché il DNA frammentato sia rilevabile mediante acridina arancione e il Test TUNEL. Tuttavia, dati recenti affermano che le molecole di DNA possono agire come un’antenna frattale che risponde a radiazione elettromagnetica (Blank & Goodman 2011).

Infatti l’aumento dell’apoptosi ovarica non è direttamente correlato alla diminuzione della fecondità implica che i due effetti possano essere provocati da diversi meccanismi diretti o indiretti dei campi elettromagnetici. Potrebbero entrambi coinvolgere le Specie Reattive del’Ossihgeno (o ROS, che sono i radicali liberi più comuni) – come trovato, dopo l’esposizione dei moscerini, nelle ovaie e negli altri tessuti dell’insetto – o il trasferimento di carica alla molecola del DNA e la sintesi proteica da stress.

Inoltre, questo lavoro dimostra che – a differenza di quanto accade per la diminuzione della fecondità, per la quale, secondo un meccanismo che è stato in passato suggerito (Panagopoulos et al., 2002), potrebbero essere le frequenze ELF incluse in ogni segnale RF pulsato o modulato quelle più responsabili – l’effetto complessivo sull’apotosi delle ovaie potrebbe non essere attribuito alla componente ELF (a 217 Hz, nel caso del telefoni cellulari) perché nessuna ELF è presente in molti test sulle sorgenti RF, inclusa la base del cordless DECT, il telefono DECT stesso, il Wi-Fi, il Bluetooth e il baby monitor.

Pertanto, un chiaro effetto RF rafforzato dalla presenza di impulsi come nel caso del dispositivo Bluetooth, sebbene questo abbia un’intensità media di campo E molto bassa (solo 0,3 V/m), riesce a produrre lo stesso danno complessivo sulla morte cellulare e sulla riproduzione di segnali più intensi ma non pulsati (CW), come il generatore di segnale FM con un’intensità di esposizione 43 volte maggiore (13 V/m): i valori per l’apoptosi sono risultati infatti essere dell’ordine del 7% in entrambi i casi, ma quelli di riduzione della fecondità sono stati del 13% per il Bluetooth contro il 19% nel caso dei segnali non pulsati (CW).

La prima pagina del paper di Margaritis et al. (2013) citato nel testo.

La differenza di effetti biologici tra segnali pulsati e segnali continui (CW) può spiegare perché l’esposizione al Bluetooth con un valore medio di appena 0,3 V/m ha più o meno lo stesso effetto sulla morte cellulare (6,1%) dei 20 V/m del generatore di segnale CW a 900 MHz (6,9%) o del segnale FM di 13 V/m (6,5%), mentre l’esposizione al telefono cellulare con 22 V/m porta a un valore di morte cellulare fino al 10-14%.

Di conseguenza, i ricercatori suggeriscono che l’ovogenesi della Drosophila possa essere utilizzata per esplorare i possibili effetti biologici di tutti i tipi di radiazione a radiofrequenza (RF), a qualsiasi livello di intensità e con qualsiasi modulazione. La Drosophila, in particolare, potrebbe essere un biomarcatore biologicamente rilevante, sensibile e affidabile che potrebbe servire come base per stabilire linee guida per una sicurezza realistica per il telefono cellulare e altre sorgenti di emissioni wireless.

Infine, gli autori mostrano che l’intensità del campo elettrico utilizzata finora, mediata su 6 minuti (ICNIRP, 1998), non può essere considerata un metodo affidabile per la valutazione degli effetti biologici delle sorgenti di campi elettromagnetici in cui si verificano rapidi cambiamenti a una data frequenza, (come nel caso del telefono cellulare in cui la potenza è controllata dal livello della voce) o in una banda larga di frequenze (come nel caso del Wi-Fi, del Bluetooth, e del telefono cordless DECT e della sua base).

Negli ultimi casi, gli analizzatori di spettro normalmente usati non sono abbastanza veloci (hanno un tempo di scansione ampio) e non riescono a registrare gli impulsi sull’intervallo medio di 6 minuti. Come mostrato dai valori di picco che si osservano in tali situazioni, questi sono sorprendentemente molto alti (cioè ad es. di 8 V/m contro gli 0,3 V/m del valore medio). È il valore massimo o il valore medio responsabile per gli effetti biologici in questi casi? Si tratta, in effetti, di una questione della massima importanza.

L’intensità massima del campo elettrico emesso dal Wi-Fi è oltre 13 volte maggiore di quella media su 6 minuti da esso stesso prodotta (si noti la scala logaritmica), e quest’ultima è l’intensità alla quale i limiti di legge fanno riferimento, ma gli effetti biologici potrebbero essere dovuti all’intensità massima. Un discorso analogo si applica per i telefoni cellulari (vedi figura qui sotto) e per i cordless DECT.

Margaritis e collaboratori supportano fortemente la prima ipotesi e, se è così, la dosimetria generalmente utilizzata usando la SAR andrebbe rivista, sostituendo il “Tasso di assorbimento specifico” (SAR) con una misurazione dell’effetto biologico dei campi elettromagnetici sul DNA – che è quello responsabile delle conseguenze più gravi non solo a livello biologico ma anche sanitario (esso è in grado di indurre tumori, non solo nel caso delle radiazioni ionizzanti) – come di recente proposto da Goodman (2012).

 

Riferimenti bibliografici

  • Margaritis L.H. et al., “Drosophila oogenesis as a bio-marker responding to EMF sources”, Electromagnetic Biology and Medicine, 2013.
  • Panagopoulos D.J., Karabarbounis A., Margaritis L.H., “Effect of GSM 900-MHz Mobile Phone Radiation on the Reproductive Capacity of Drosophila melanogaster”, Electromagnetic Biology and Medicine, 23: 29-43, 2004.
  • Blank M., Goodman R., “DNA is a fractal antenna in electromagnetic fields”, Int. J. Radiat. Biol. 87:409–415, 2011.
  • Atli E. e Unlu H., “The effects of microwave frequency electromagnetic fields on the development of Drosophila melanogaster”, Int. J. Rdiat. Biol., 2006.
  • Pay T.L., Andersen F.A., Jessup G.L., “A comparative study of microwave radiation and conventional heating on the reproductive capacity of Drosophila melanogaster”, Radiation Research, 76:271-282, 1978.
  • Panagopoulos et al., “Real versus Simulated Mobile Phone Exposures in Experimental Studies”, Biomedical Res. Int., 2015.
  • Panagopoulos et al., “Effects of Electromagnetic Fields on the Reproductive Capacity of Drosophila melanogaster”, in Chapter 5 of Biological Effects of Electromagnetic Fields, Springer, 2003.
  • D. J. Panagopoulos, A. Karabarbounis, and L. H. Margaritis, “Mechanism for action of electromagnetic fields on cells”, Biochemical and Biophysical Research Communications, vol. 298, no. 1, pp. 95–102, 2002.
  • Goodman, R., Bassett, C. A. L., Henderson, A., “Pulsing electromagnetic fields induce cellular transcription”, Science, 220:1283–1285, 1983.

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