Quali inquinanti dell’aria monitorare e perché?

In questo articolo illustreremo i principali inquinanti da monitorare per valutare la qualità dell’aria outdoor (cioè esterna, dato che per valutare la qualità dell’aria indoor occorre aggiungerne qualcun altro) con il “fai-da-te”, operazione che può consistere, ad esempio, nell’aderire a una rete di musurazione collaborativa acquistandone la relativa Sensor Box oppure nell’autocostruirsi una piccola stazione di misura fissa o mobile.

Diciamo subito che occorre fare una distinzione fra le due grandi categorie di inquinanti dell’aria, che sono il particolato ed i gas. Alla prima appartengono le famose polveri sottili (PM10), il PM2,5 ed una frazione chiamata black carbon. Alla seconda appartengono, principalmente, il biossido di azoto (NO2), il biossido di zolfo (SO2), il monossido di carbonio (CO), l’ozono a livello del suolo (O3).

Sarebbe opportuno monitorare – come minimo – uno degli inquinanti di ciascuna categoria. Se dovessimo quindi scegliere solo due inquinanti da monitorare, allora la scelta ricadrebbe sul PM2,5 (o PM10) e sul biossido di azoto; se invece dovessimo sceglierne solo uno, sul PM2,5 (o sul PM10). Infatti, il particolato fine costituisce la classe di inquinanti più pericolosi per la salute umana fra quelli elencati.

Non è un caso, quindi, che molti Paesi del mondo monitorino il particolato (PM), il biossido di azoto (NO2), il biossido di zolfo (SO2), il monossido di carbonio (CO), e l’ozono troposferico (O3), calcolando gli indici di qualità dell’aria per questi inquinanti. L’Indice di Qualità dell’Aria statunitense, ad esempio, è basato sui cinque inquinanti regolamentati dalla legge americana sull’aria pulita:

  • particolato PM2,5 e PM10, in μg/m3);
  • biossido di azoto o NO2 (in ppb).
  • biossido di zolfo SO2 (in ppb);
  • ozono a livello del suolo O3 (in ppb, o parti per miliardo);
  • monossido di carbonio o CO (in ppm, è l’unico in parti per milione).

Anche l’Indice di Qualità dell’Aria europeo si basa sui 3 inquinanti di maggiore interesse in Europa: polveri sottili (PM10), biossido di azoto (NO2), ozono a livello del suolo (O3). E sarà presto in grado di tenere conto di 3 ulteriori inquinanti: monossido di carbonio (CO), particolato fine (PM2.5) e biossido di zolfo (SO2).

L’Indice di Qualità dell’Aria italiano, consultabile sulla piattaforma informatica online MonIQA, misura invece la concentrazione delle seguenti sostanze inquinanti considerate: polveri sottili (PM10), particolato fine (PM2,5), biossido di azoto (NO2), monossido di azoto (NO), ozono (O3), monossido di carbonio (CO), biossido di zolfo (NO2) e benzene (N6H6). In pratica, vi sono in più il monossido di azoto ed il benzene.

I limiti di riferimento previsti dalla normativa italiana (D.Lgs. 155/2010).

Ecco, dunque, perché è importante monitorare tutti questi inquinanti:

PM10 (o polveri sottili)

PM è sinonimo di particolato, il termine per una miscela di particelle solide e di goccioline liquide che si trovano nell’aria. Alcune particelle – come polvere, sporco, fuliggine o fumo – sono grandi o scure abbastanza da essere visibili ad occhio nudo. Il PM10, in particolare, è costituito dalle particelle inalabili con diametro inferiore a 10 micrometri (un capello umano ha un diametro di circa 70 micrometri).

Il PM10 – noto anche come polveri sottili – comprende in generale particelle di varie dimensioni e forme, le quali possono essere composte da centinaia di sostanze chimiche diverse. Alcune vengono emesse direttamente da una fonte – come cantieri, strade non asfaltate, ciminiere di impianti vari o incendi – mentre la maggior parte delle particelle si formano nell’atmosfera a seguito di reazioni complesse di sostanze chimiche come il biossido di zolfo, gli ossidi di azoto, l’ammoniaca, i VOC, etc.

Comuni costituenti chimici del PM10 includono solfati, nitrati, ammonio, altri ioni inorganici – come ioni di sodio, potassio, calcio, magnesio e cloro – carbonio organico ed elementare, materiale crostale, acqua legata alle particelle, metalli (tra cui cadmio, rame, nichel, vanadio e zinco) e idrocarburi policiclici aromatici (IPA). Inoltre, vi si trovano anche componenti come allergeni e composti microbici.

Il particolato contiene solidi microscopici o goccioline liquide così piccole che possono essere inalate e causare seri problemi di salute. Tuttavia, non tutte le polveri sottili che compongono il PM10 sono uguali dal punto di vista dei danni. Le più pericolose sono quelle che trasportano metalli pesanti (o altre sostanze cancerogene), che sono causa di tumori al polmone e di altre patologie polmonari molto serie (queste ultime soprattutto nei bambini e negli anziani), di tumori “rari”, etc.

PM2,5 (o particolato fine)

Il PM2,5 – o particolato fine – è costituito dalle particelle inalabili con diametro inferiore a 2,5 micrometri, ben più pericolose del PM10. Il PM 2,5 comprende infatti anche le particelle ultrafini, cioè con un diametro inferiore a 0,1 μm, che possono rimanere nell’atmosfera per settimane e viaggiare a grandi distanze. Nella maggior parte delle località d’Europa, il PM2,5 costituisce il 50-70% del PM10.

Più le dimensioni delle particelle che compongono il particolato sono piccole e più quest’ultimo è pericoloso, in quanto tali particelle possono penetrare in profondità nei polmoni e alcune possono entrare direttamente nel flusso sanguigno. Per ogni aumento di 10 μg/mc nell’esposizione annuale al PM2,5, sul lungo termine la mortalità per tutte le patologie, per quelle cardiopolmonari e per il cancro al polmone aumentano, rispettivamente, di circa il 4%, il 6% e l’8%.

Il particolato fine di origine artificiale proviene da automobili e camion, fabbriche, centrali elettriche, inceneritori, motori, caldaie, cioè da qualsiasi cosa che bruci combustibili fossili – come carbone o gas naturale – o biomasse. Anche i fumi dell’ammoniaca e dei fertilizzanti ricchi di azoto usati in agricoltura si mescolano con le emissioni industriali per formare particelle fini spesso sottovalutate, che possono venire rilevate separatamente solo utilizzando un microscopio elettronico.

Ci si può infine immaginare quali conseguenze possano provocare nell’uomo le particelle che, oltre ad essere ultrafini, sono fatte – o comunque trasportano – metalli pesanti o altre sostanze cancerogene. Ad esempio, quelle prodotte dal trattamento ad alta temperatura dei rifiuti solidi urbani (quand’anche solo della loro “parte umida”) contengono sempre piccolissime quantità di metalli pesanti, sostanze cancerogene pure se inalate, non solo se assunte con il cibo o l’acqua.

Black carbon

Chimicamente, il black carbon (BC) – o carbonio nero – è un componente del particolato fine (cioè del PM ≤ 2,5 μm). Esso è costituito da carbonio puro in diverse forme collegate. Si forma attraverso la combustione incompleta di combustibili fossili, biocarburanti e biomassa, ed è emesso nella fuliggine.

Curiosamente, il fumo o fuliggine è stato uno i primi inquinanti ad essere riconosciuti come aventi un impatto ambientale significativo, ma uno degli ultimi ad essere studiati dalla comunità di ricerca sull’inquinamento atmosferico contemporanea. La fuliggine è composta da una complessa miscela di composti organici ed il black carbon è quella componente della fuliggine che costituisce la principale responsabile dell’assorbimento, da parte di quest’ultima, della luce visibile.

Il black carbon causa un incremento di patologie e mortalità prematura. Esso ha attirato l’attenzione della comunità scientifica sulla qualità dell’aria a causa dell’evidenza del suo contributo agli effetti nocivi sulla salute e sul clima. Molti componenti del particolato collegati al black carbon, infatti, sono attualmente considerati responsabili di importanti effetti sulla salute dell’uomo.

È il caso, ad esempio, di sostanze organiche come gli idrocarburi aromatici policiclici (IPA) – noti come cancerogeni e direttamente tossici per le cellule – così come i metalli ed i sali inorganici. Di recente, lo scarico dei motori diesel (composto principalmente da particelle) è stato classificato come cancerogeno per l’uomo dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (AIRC). Questo elenco include anche alcuni IPA e le esposizioni correlate, nonché l’uso domestico di combustibili solidi.

Biossido di azoto (NO2)

Il biossido di azoto (NO2) fa parte di un gruppo di gas chiamati ossidi di azoto (NOx). Sebbene tutti questi gas siano dannosi per la salute umana e per l’ambiente, l’NO2 è il più preoccupante. Altri ossidi di azoto comprendono acido nitroso e l’acido nitrico. L’NO2 è utilizzato come indicatore per l’intero gruppo.

In generale, gli ossidi di azoto (NOx) vengono prodotti da tutti i processi di combustione ad alta temperatura (impianti di riscaldamento, motori dei veicoli, combustioni industriali, centrali elettriche, impianti a biogas o biomasse etc.), per ossidazione dell’azoto atmosferico e, in piccola parte, di quella dei composti dell’azoto contenuti nei combustibili. Il biossido di azoto è un inquinante per lo più secondario, che si forma in atmosfera soprattutto per ossidazione del monossido di azoto (NO).

Respirare aria con un’alta concentrazione di NO2 può irritare le vie respiratorie nel sistema respiratorio umano. Tali esposizioni per periodi brevi possono aggravare le malattie respiratorie, in particolare l’asma, portando a sintomi respiratori (come tosse, respiro sibilante o difficoltà respiratorie), ricoveri in ospedale e visite ai pronto soccorso. Esposizioni più lunghe a concentrazioni elevate di NO2 possono contribuire allo sviluppo di asma e potenzialmente di altre serie patologie respiratorie.

Alcuni effetti acuti del biossido di azoto. Per gli altri vedi il doc in bibliografia (fonte: EPA)

L’NO2, insieme ad altri NOx, reagisce con altre sostanze chimiche presenti nell’aria per formare sia il particolato (PM) che l’ozono (O3), entrambi dannosi se inalati per gli effetti sul sistema respiratorio. Inoltre, l’NO2 e altri NOx interagiscono con acqua, ossigeno e altre sostanze chimiche presenti nell’atmosfera formando piogge acide, che danneggiano gli ecosistemi come laghi e foreste. Le particelle di nitrato risultanti dagli NOx, infine, rendono l’aria nebulosa e difficile da vedervi attraverso.

Biossido di zolfo (SO2)

Il biossido di zolfo (SO2) fa parte di un gruppo di gas chiamati ossidi di zolfo (SOx). Sebbene tutti questi gas siano dannosi per la salute umana e per l’ambiente, l’SO2 è il più preoccupante. Altri SOx gassosi (come l’SO3) si trovano nell’atmosfera a concentrazioni molto inferiori all’SO2.

Le maggiori fonti di emissioni di SO2 derivano dalla combustione di combustibili fossili nelle centrali elettriche e in altri impianti industriali. Le fonti più piccole di emissioni comprendono: processi industriali come l’estrazione di metalli da minerali; fonti naturali come i vulcani; e locomotive, grandi navi e altri veicoli e attrezzature pesanti che bruciano carburante con un alto contenuto di zolfo.

Le emissioni di SO2 che portano ad alte concentrazioni di questo gas nell’aria generalmente portano anche alla formazione di altri ossidi di zolfo (SOx). Ad alte concentrazioni, gli SOx gassosi possono danneggiare alberi e piante colpendo le foglie e diminuendo la crescita. L’SO2 e altri ossidi di zolfo possono contribuire alla pioggia acida, che può danneggiare ecosistemi sensibili e monumenti.

Le esposizioni a breve termine all’SO2 possono danneggiare il sistema respiratorio umano e rendere difficile la respirazione, specie in bambini, anziani e in coloro che soffrono di asma. Gli SOx, inoltre, possono reagire con altri composti nell’atmosfera per formare piccole particelle di particolato (PM), che possono penetrare in profondità in parti sensibili dei polmoni e causare ulteriori problemi di salute.

Ozono a livello del suolo (O3)

La molecola di ozono (O3) è dannosa per la qualità dell’aria, al di fuori dello strato stratsferico. L’ozono a livello del suolo – o ozono “cattivo” – non viene emesso direttamente nell’aria, ma è un inquinante secondario creato dalle reazioni chimiche tra gli ossidi di azoto (NOx) ed i composti organici volatili (VOC) in presenza di luce solare: è il prodotto principale del cosiddetto “smog fotochimico”.

Le emissioni da impianti industriali e per la produzione di energia elettrica, gli scarichi degli autoveicoli, le caldaie industriali, le raffinerie, gli impianti chimici, i vapori della benzina ed i solventi chimici sono sollo alcune delle principali fonti di NOx e VOC, gli inquinanti primari all’origine della produzione di quest’ozono troposferico, nocivo a causa dei suoi effetti sulle persone e sull’ambiente.

L’ozono a bassa quota ha più probabilità di raggiungere dei livelli insalubri nelle calde giornate di sole negli ambienti urbani – dunque, in particolare, d’estate – ma può comunque raggiungere dei livelli elevati durante i mesi più freddi. L’ozono può essere anche trasportato su lunghe distanze dal vento, quindi anche le zone rurali possono sperimentare livelli elevati di ozono. L’ozono a livello del suolo può avere effetti dannosi sulla vegetazione durante la stagione di crescita e sugli ecosistemi sensibili.

L’ozono respirato dall’uomo può innescare una serie di problemi di salute, in particolare per i bambini, gli anziani e le persone di tutte le età che hanno malattie polmonari come l’asma, nonché per le persone che sono attive all’aperto, in particolare i lavoratori. In pratica, è causa di dolore toracico, tosse, irritazione alla gola e infiammazione delle vie respiratorie. Inoltre, può ridurre la funzionalità polmonare e danneggiare il tessuto polmonare. L’ozono può peggiorare la bronchite, l’enfisema e l’asma.

Monossido di carbonio (CO)

Il monossido di carbonio (CO) è un gas incolore e inodore che può essere dannoso se inalato in grandi quantità. Viene rilasciato quando qualcosa viene bruciato. Le maggiori fonti di monossido di carbonio per l’aria esterna sono automobili, camion e altri veicoli o macchinari che bruciano combustibili fossili.

Anche una varietà di apparecchi presenti nelle case – come ad es. stufe a cherosene, caldaie a gas non ventilate, camini che perdono, etc. – rilasciano monossido di carbonio e possono influenzare la qualità dell’aria al chiuso. Talvolta, nelle fredde notti invernali, l’uso improprio di sistemi di riscaldamento artigianali o improvvisati che sprigionano questo gas sono all’origine di incidenti mortali.

Infatti, l’aria respirata contenente un’alta concentrazione di monossido di carbonio riduce la quantità di ossigeno che può essere trasportato nel flusso sanguigno verso organi critici come il cuore e il cervello. A livelli molto elevati, possibili solo al chiuso o comunque in altri ambienti chiusi, il monossido di carbonio può causare vertigini, confusione, perdita di coscienza e perfino la morte.

Tuttavia, quando i livelli di monossido di carbonio sono elevati all’aperto, possono essere di particolare interesse per le persone con alcuni tipi di malattie cardiache. Queste persone hanno già una ridotta capacità di avere sangue ossigenato nei loro cuori in situazioni in cui il cuore ha bisogno di più ossigeno del solito. Durante l’esercizio fisico o sotto stress, un’esposizione a breve termine a monossido di carbonio elevato può dunque causare loro un dolore al torace noto come angina.

Benzene (C6H6)

Il benzene (C6H6) si trova nell’aria in conseguenza delle emissioni della combustione di carbone e petrolio, delle stazioni di servizio della benzina e degli scarichi dei motori dei veicoli. Il benzene è usato come costituente nei carburanti per motori; come solvente per grassi, cere, resine, oli, inchiostri, vernici, plastica e gomma; nell’estrazione di olii da semi e noci; e nella stampa fotografica.

Il benzene è anche usato nella fabbricazione di detersivi, esplosivi, prodotti farmaceutici e coloranti. Gli individui impiegati in industrie che producono o usano benzene possono essere esposti ai livelli più alti di benzene. Il fumo di tabacco contiene benzene e, negli Stati Uniti, rappresenta addirittura quasi la metà dell’esposizione nazionale al benzene. In Italia, i veicoli ed il traffico sono forti contributori.

L’esposizione al benzene per inalazione acuta (a breve termine) da parte dell’uomo può causare sonnolenza, vertigini, mal di testa, irritazione agli occhi, alla pelle e alle vie respiratorie e, a livelli elevati, incoscienza. L’esposizione all’inalazione cronica (a lungo termine) causa vari disturbi nel sangue, compreso un numero ridotto di globuli rossi e anemia aplastica, in contesti lavorativi.

Effetti sull’apparato riproduttivo sono stati segnalati per le donne esposte ad inalazione ad alti livelli e effetti avversi sullo sviluppo del feto sono stati osservati nei test sugli animali. Aumento dell’incidenza di leucemia (cancro dei tessuti che formano i globuli bianchi) sono stati osservati negli esseri umani esposti professionalmente al benzene. L’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente (EPA) statunitense ha classificato il benzene come noto cancerogeno per l’uomo per tutte le vie di esposizione.

 

Riferimenti bibliografici

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